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Un nuovo inizio per Orsolini?

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Dopo trenta secondi prova a saltare due avversari nella propria trequarti di campo difensiva, usa solo l’esterno del piede sinistro, carica con la testa e si fa togliere palla da Parisi che immediatamente crossa al centro dell’area: la palla sbatte su Lucumì che fa autogol. Ventisei minuti dopo controlla un lancio lungo con i piedi quasi sulla linea laterale, Parisi gli si fa di nuovo addosso e lui di nuovo forza il dribbling, stavolta passa in qualche modo e si accentra, triangola con Barrow e calcia da venticinque, trenta metri. Potrebbe essere uno dei suoi tanti tiri imprecisi e invece dal piede si stacca una palla tele-guidata sotto la traversa. Sarebbe il gol del momentaneo 1-1 ma l’arbitro lo annulla perché nel dribblare la palla gli si è alzata sfiorando il suo polso. In queste due azioni c’è tutto Riccardo Orsolini, i difetti e i pregi, gli sprechi e le potenzialità.

Mi rendo conto che scrivere di un calciatore dopo una partita finita 3-1 per la squadra avversaria può sembrare strano, per questo specifico due cose: 1) scrivo nel contesto in cui Riccardo Orsolini ha vinto – per la prima volta in carriera – il premio come miglior giocatore del mese AIC, premio che si riferisce al mese di aprile e che i calciatori suoi colleghi, iscritti all’associazione, hanno votato prima che si giocasse la partita con l’Empoli; 2) anche contro l’Empoli, comunque, Orsolini è stato il più pericoloso dei suoi, praticamente ogni occasione del Bologna è passata dai suoi piedi: un calcio d’angolo messo sulla testa di Schouten a inizio secondo tempo, un cross per Ferguson sul secondo palo, un paio di tiri dal cuore dell’area e il rigore calciato sotto l’incrocio con cui ha segnato il suo decimo gol in stagione – otto rigori su otto trasformati in carriera.

Il contesto più generale è quello in cui Orsolini riceve riconoscimenti e forse per la prima volta il suo talento sembra avere senso all’interno del contesto di squadra, una delle più interessanti della Serie A 2022/23.

Dopo i problemi muscolari avuti a marzo, Orsolini ad aprile è partito una sola volta titolare ma ogni volta che è entrato ha fatto sentire una differenza, è stato la scossa elettrica che ha ravvivato la partita. E lo è stato, come è suo stile e mentalità, ogni volta che la palla gli è passata tra i piedi. «Quando ho la palla agisco solo di istinto. Non mi interessa se dicono che cincischio, sono scarso o casinista” ha detto di recente in un’intervista a La Repubblica. “Su dieci volte che ci provo, sette mi fermano. Ma quelle tre che passo allora posso essere letale”.

Sono gli stessi discorsi che si facevano su di lui quattro anni fa, dopo la stagione 2018/19 in cui con l’arrivo di Mihajlovic a Bologna quel talento che aveva attratto l’interesse della Juventus quando aveva appena vent’anni e giocava nell’Ascoli, stava finalmente cominciando a brillare.

Da quei tempi però l’interesse intorno a lui è un po’ sfumato. Orsolini è stato inquadrato prima, e rinchiuso poi, nella categoria dei giocatori fumosi che con tanto fumo portano in tavola poco arrosto. Sembrava quella la sua dimensione: un giocatore individualista, con l’ansia di provare sempre la giocata, dribblando anche quando non c’è spazio, calciando da posizioni in cui neanche Cristiano Ronaldo proverebbe a prendere la porta.

E invece è stato in questa stagione, la prima senza Sinisa, che per la prima volta abbiamo visto il senso di Orsolini all’interno di una squadra maggiormente associativa. Una squadra in cui quasi tutti preferiscono giocare sul corto e in cui, senza Arnautovic, Orsolini ha più spazio per attaccare la profondità. Il Bologna ha bisogno di un giocatore che si prenda responsabilità creative e lui è uno dei pochi in grado di portare palla, saltare l’uomo e calciare in porta.

Contro l’Atalanta, entrato nel secondo tempo, ha cambiato la partita sia per come combinava con Sansone, Ferguson e Zirkzee venendo dentro al campo, sia per la minaccia costante che rappresentava per il suo diretto avversario. Gasperini ha sostituito Scalvini dopo sette minuti, spostando Palomino dal lato di Orsolini e inserendo Demiral al centro della difesa.

Palomino è uno dei giocatori più aggressivi e dopo una ventina di minuti ha rimediato un cartellino giallo proprio arrivando da dietro su Orsolini con troppa irruenza: un fallo che non ha impedito a Orsolini di servire di tacco Zirkzee, mandandolo all’uno contro con Demiral poi umiliato con un tunnel.

A pochi minuti dalla fine, forse anche per colpa di quel giallo, Palomino difende Orsolini con prudenza, evitando di farsi puntare con troppo campo alle spalle lo aspetta dentro l’area di rigore e gli permette di rientrare sul sinistro, con cui Orsolini calcia a giro sul secondo palo. Fosse sempre così facile, di gol ne segnerebbe una ventina a stagione.

Quella con l’Atalanta è stata una delle partite migliori del Bologna di Thiago Motta ma anche quella in cui il talento di Orsolini è sembrato più dirompente, in cui ha sbagliato meno scelte, in cui ogni sua giocata aveva senso all’interno dell’azione, in cui dietro all’istinto c’era il pensiero, la lettura della situazione. Finalmente il talento di Orsolini sembra adatto alla squadra che ha intorno e le situazioni in cui è chiamato a provare le cose che gli piacciono non sono del tutto forzate. Anzi, la squadra gioca anche in funzione del suo talento, è dalle sue qualità (come da quelle dei giocatori migliori a disposizione di Motta) che deriva il modo in cui il Bologna attacca.

Il cambiamento è anche psicologico. «Sento più fiducia», ha detto riguardo a Thiago Motta. «So che se anche faccio due boiate non vengo cambiato. Ho meno paura di sbagliare e questo mi dà la possibilità di rendere meglio. Perché so cosa vuol dire giocare con l’ansia addosso e, mi creda, non è bello». Orsolini ha parlato del rapporto fin troppo paterno con Mihajlovic, ma probabilmente quella pressione, quell’ansia che sentiva, era anche sua, della sua storia.

Orsolini non è cambiato molto in questi anni, dal punto di vista caratteriale come tecnico. Eppure non sembra più lo stesso giocatore. Continua a calciare moltissimo (3.3 volte a partita: è nel 3% di trequartisti che tirano di più importa) ma rispetto alla scorsa stagione i dati interessanti sono due. Tocca molti più palloni all’interno dell’area di rigore (4.22 contro 2.76, in media ogni 90 minuti) sia perché i compagni lo utilizzano maggiormente come finalizzatore, con palle profonde (vedi gol contro l’Inter) o che scavalcano la difesa sul secondo palo, sia perché lo invitano ad entrare nel campo con scambi brevi.

E poi, dato apparentemente trascurabile ma significativo: Orsolini prende meno falli. Perché si libera prima del pallone, forza meno il dribbling (che in realtà tenta appena due volte e mezza in media ogni novanta minuti: è nel 47% dei pari-ruolo), anche perché ha spesso una soluzione tecnica a portata. Come il Bologna beneficia dei suoi strappi e delle sue “intuizioni”, così lui migliora grazie al posizionamento dei compagni: alle distanze ravvicinate, agli smarcamenti, alla fluidità che contraddistingue la squadra di Motta.

Insomma, Orsolini è sempre un giocatore offensivo con un grande volume di gioco – si è confermato essere più finalizzatore che assistman – uno che ci prova sette volte per essere “letale” anche solo tre, ma ha acquisito un senso nuovo come giocatore di squadra, dando una rotondità alle sue prestazioni che prima non aveva.

Se chiedete a me, vi rispondo che basta guardare come controlla i lanci, i cambi di campo, la sensibilità con cui mette giù la palla con l’interno del piede, come i tennisti raccolgono le palline nel piatto della racchetta quando gliele passano i raccattapalle, come se la porta avanti con l’esterno quando la riceve in corsa, per capire quanto speciale sia la tecnica a sua disposizione (e su un controllo del genere si sarebbe potuto costruire qualsiasi tipo di calciatore).

Oggi però Orsolini riceve riconoscimenti ufficiali non solo perché questa è la sua migliore stagione dal punto di vista realizzativo, la prima in doppia cifra, ma anche perché è diventato quello che ci si aspettava, come minimo, da quando aveva vent’anni: un giocatore importante per il Bologna, un punto di riferimento tecnico, tattico e caratteriale. Un giocatore in grado di coinvolgere i compagni con la sua energia da diavolo della Tasmania dei cartoni animati.

A ventisei anni, questa potrebbe essere la stagione in cui Orsolini tira una riga. Quello che c’era prima – i dubbi, l’ansia – è storia passata. Adesso c’è la felicità di giocare con i compagni, di non sentirsi solo in campo, e di provare liberamente quello che gli viene in mente. Da qui in poi la storia di Orsolini potrebbe essere una storia nuova.

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