Così si era sfogato, nell’edizione dello scorso giugno della rivista France Football, Dimitri Payet – non esattamente il più amichevole dei calciatori né la più imparziale delle fonti. Il mese precedente all’intervista, infatti, Tudor lo aveva escluso dai convocati per la trasferta di Lille a causa dell’attitudine mostrata in allenamento. Le voci sull’allenatore sono discordanti: Jerome Rothen, ex calciatore del PSG, lo definisce un po’ troppo ottuso e sostiene che all’interno del club tutti si siano lamentati del suo atteggiamento irrispettoso.
Poco più tardi, il presidente dell’OM Pablo Longoria confermerà i difficili rapporti tra Tudor e il club, schierandosi però dalla parte del croato: «Tutti erano contro di lui, dentro e fuori dal campo. […] Ci sono state varie iniziative di gruppi di tifosi per esonerarlo». Tudor si dimetterà per motivi privati e professionali un anno prima del dovuto, dopo essersi classificato terzo alle spalle di Lens e PSG, migliorando lo score finale (73 punti) e la produzione offensiva (67 gol segnati a fronte di 80,68 xG) e rivitalizzando gente come Alexis Sánchez e Cengiz Ünder.
Il suo 3-4-2-1 fondato sulla duttilità degli interpreti – laddove mediani possono diventare trequartisti, trequartisti possono diventare punte, e viceversa, protetti da una linea difensiva a cinque anch’essa intercambiabile e propositiva – lo avevamo già conosciuto e ammirato a Verona nella stagione 20/21, che molti ricorderanno per l’exploit del tridente offensivo composto da Barák, Caprari e Simeone. Sommati, 40 gol (su 65) e 16 assist in una stagione di Serie A.
Subentrato a Di Francesco dopo tre sconfitte, Tudor aveva affrontato e sconfitto la Roma di Mourinho al Bentegodi. In pochi mesi aveva rivalorizzato reparto per reparto, confermando Lazović sulla fascia sinistra (chiuderà con 7 assist) e proseguendo la crescita ex tempore di Faraoni. A una linea difensiva traballante aveva posto rimedio rimpolpando la mediana con l’esperienza di Miguel Veloso e l’intensità di Tameze, gestendo con attenzione il talento rampante di Ivan Ilić e donando, in generale, un’impronta molto aggressiva alla squadra.
Risultato: nono posto. Ma poi, di nuovo, il dramma: Tudor e il Verona chiudono anzitempo e consensualmente il rapporto professionale, senza motivazioni esplicite: «Non c’erano tutti i presupposti che sarebbero serviti per proseguire insieme un percorso». Eppure, il giornalista di Verona News Damiano Conati assicura che «nessuno si è mai lamentato quell’anno, mai visto qualcuno che lasciasse il campo borbottando. […] Posso dire che il tecnico croato cercava di far sentire tutti parte del progetto».
Da mercoledì, Igor Tudor è ufficialmente il nuovo allenatore della Lazio. Nella capitale ritroverà Nicolò Casale – che nel 2021 esordì in Serie A e collezionò 36 presenze, mentre quest’anno sembrava scomparso dai radar di Sarri – e Mattéo Guendouzi, che ha rappresentato un’importante chiave tattica nel Marsiglia del tecnico croato. Non è un caso che Tudor abbia immediatamente chiesto rassicurazioni sulla permanenza del francese, il quale si candida come punto saldo del centrocampo biancoceleste.
Accanto a lui sarà curioso capire se Tudor sceglierà un regista come Rovella e Cataldi oppure un centrocampista di rottura e inserimento come Vecino, ma non è da escludere l’impiego in mediana di interpreti più offensivi come Kamada o addirittura Luis Alberto (al Verona, dopotutto, la mediana inizialmente prevista era composta da Bessa e Ilić). In questo modo non ci sarebbe imbarazzo nella scelta del tridente avanzato, con Zaccagni, Felipe Anderson, Isaksen e Pedro che dovranno accentrare la propria posizione alle spalle di Castellanos (più che probabile, infatti, il declassamento di Immobile).
Sulle corsie gli esterni godranno di maggiore libertà – Lazzari e Pellegrini sono, per caratteristiche, la coppia che maggiormente ricorda quella scaligera, ed entrambi potrebbero rendere pienamente a tutta fascia – coperti da un terzetto difensivo discretamente variabile. Il presidente Lotito ha giustamente definito Tudor come la persona «capace di rialzare il gruppo con carattere ed esperienza». L’antieroe è chiamato a rivitalizzare un gruppo di calciatori forti caduto in disgrazia: ancora una volta potrà succedere di tutto, ma l’incipit è già avvincente.